Dalla cicoria selvatica, piccola pianta spontanea, sono state ricavate nei secoli passati le numerosissime varietà coltivate che tutti conoscono e consumano: insalate come il cicorino, la scarola, l’indivia, la belga e i radicchi (rosso, verde e variegato), e ortaggi quali la cicoria (dalle grandi foglie incise di colore verde scuro, molto simili a quelle della pianta selvatica), la catalogna e le romane “puntarelle”.
In questo articolo vi raccontiamo tutto su questa straordinaria piantina, molto diffusa anche in Trentino. Innanzitutto una premessa: in Trentino, quando si parla di “zicoria“, non si intende la cicoria selvatica classica (Cichorium intybus), bensì il tarassaco (Taraxacum officinale), conosciuto anche come dente di leone, soffione, pisacan, o appunto zicoria in molte valli del Trentino e Alto Adige, come in Val di Rabbi, dove si celebra ogni anno, tra fine aprile e maggio, in una manifestazione gastronomica (Zicoria FestiVal di Sole). Ma del tarassaco parleremo più avanti…
Com’è fatta la cicoria selvatica
La cicoria selvatica (Cichorium intybus) è una erbacea annuale della famiglia delle Asteraceae, con una radice simile a una piccola carota chiara, da cui si erge un fusto poco ramificato, alto da 30 a 60 cm. Le foglie sono lanceolate e abbraccianti il fusto, ma leggermente diverse per forma fra la base e la parte alta della pianta. Da maggio a ottobre produce “fiori” ligulati, grandi 2-4 cm, di uno splendido color indaco. Curiosità: come per tutte le Ligulacee – sottogruppo di piante appartenenti alle Asteraceae, i cui capolini (infiorescenze tipiche della famiglia) sono composti solo da fiori ligulati – i fiori restano chiusi nelle giornate umide e senza sole, per aprirsi solo al tepore dei raggi.
Dove trovarla in Trentino
In Trentino la cicoria selvatica cresce soprattutto nelle zone submontane, collinari e di fondovalle fino a circa 1000–1200 metri di altitudine: specialmente lungo i margini dei campi, strade rurali, pendii soleggiati, vigne e frutteti abbandonati. È piuttosto comune, anche se meno sfruttata a livello culinario rispetto ad altre zone d’Italia, probabilmente per via del suo sapore amarognolo più marcato rispetto al tarassaco. La cicoria selvatica con fiore azzurro non ha un nome univoco e molto usato in dialetto, ma può essere indicata con “Radìc“,”radic amàr” o “radìc selvadech” (radicchio amaro/selvatico) in molte vallate, oppure “cicòria bléva” (cicoria azzurra) in alcune aree, per distinguerla dal tarassaco… In alcune zone si usa anche “fiòor da stràda” (fiore da strada), per la sua tipica collocazione!
Tutte le proprietà della cicoria selvatica
Il gusto gradevolmente amarognolo (a causa dell’intibina), indica un’azione benefica sul fegato, combattendo l’insufficienza epatica e biliare; inoltre è aperitiva, digestiva, diuretica e disintossicante. Grazie all’alto contenuto di vitamine e sali minerali è ricostituente ed energetica; la grande quantità di ferro e clorofilla la rende antianemica; le mucillagini e le fibre ne fanno un emolliente delle mucose e della cute irritate, ma anche un rinfrescante e un delicato lassativo. Infine, è indicatissima per i diabetici perché lo zucchero contenuto è l’innocua inulina.
Come raccoglierla e coltivarla
Fra maggio e luglio raccogliete la pianta tagliandola alla base, mondatela e lavatela velocemente sotto l’acqua corrente, appendetela a testa in giù finché non è ben secca. Poi staccate i fiori e le foglie conservandoli separatamente in barattoli di vetro scuro ben chiusi.
Coltivarla è semplicissimo a patto di riuscire a reperirne le sementi (qualche grande ditta sementiera le propone in bustina), per esempio raccogliendo i capolini spontanei appena dopo che gli acheni (semi) sono arrivati a maturazione. In primavera si spargono i semi su qualunque terreno, purché ben drenato e soleggiato, anche in vaso. Va bagnata poco e non necessita di concimazione. Si autorisemina da un anno all’altro lasciando andare a seme alcuni capolini.
Ricette di erboristeria con la cicoria selvatica
Nonostante il sapore amarognolo, sarebbe meglio riuscire a bere le tisane senza addolcirle…
- Per depurare l’organismo: bollite 15 g di foglie per 5 minuti in una tazza d’acqua, lasciate in infusione per 15 minuti, filtrate e bevete 2 tazze al giorno a digiuno per 20 giorni.
- Come diuretico: bollite 25 g di fiori e foglie per 10 minuti in una tazza d’acqua, filtrate e consumate una tazza la mattina a digiuno.
- Per combattere una leggera anemia: bevete un bicchiere di succo (ricavato centrifugando 300 g di foglie fresche) la mattina a digiuno per almeno un mese.
- Come lassativo dolce: bollite 5 g di foglie per 10 minuti in una tazza d’acqua, filtrate e assumete una tazza prima dei pasti.
- Per donare un colorito roseo alla pelle: infondete 5 g di foglie fresche per 10 minuti in una tazza d’acqua, filtrate e bevete 3 tazze al giorno per 15 giorni.
- Per chiudere piccole ulcerazioni: fate un impacco di foglie fresche pestate da applicare interponendo una garza tre volte al giorno.
Che cos’è il caffè di Prussia?
Nel XVIII secolo si scoprì che la carnosa radice della cicoria selvatica, essiccata, tostata e macinata, offre un decente e salutare (mantiene le proprietà della pianta) surrogato del caffè, ancora oggi in uso: in Italia fu ampiamente utilizzata durante le guerre napoleoniche, la prima e la seconda guerra mondiale. È il cosiddetto “caffè olandese“, che viene chiamato anche “caffè di Prussia” perché Federico il Grande, fondatore della potenza militare prussiana, nel XVIII secolo ne favorì fortemente la produzione. La torrefazione trasforma in caramello gran parte dell’inulina (zucchero simile all’amido), che assume un colore più scuro, un odore più aromatico e un sapore più amaro di quello del caffè.
Tratto da Newsletter AICG – Associazione Italiana Centri di Giardinaggio
#lepiantesonovita #aicg